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Ginevra: l’ipocrosia del boicottaggio

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durban-2Trovo, su The Guardian, un’interpretazione della controversa conferenza sul razzismo in corso a Ginevra diversa da quanto si legge normalmente sull’argomento, e più vicina alla mia lettura. Riporto alcuni passaggi dell’articolo, a firma Seumas Milne.


Il Canada e Australia non avevano nulla da dire sulla buia condizione delle loro popolazioni indigene, ci si potrebbe domandare, o l’Italia e la Repubblica Ceca sui violenti attacchi contro i rom? Nessuno dei Paesi che ha boicottato la conferenza aveva un contributo da portare sulla islamofobia montante, sulla rinascita dell’ antisemitismo o sull’uso degli immigrati come capro espiatorio nei loro Paesi nell’arco degli ultimi dieci anni?

La disputa è ruotata soprattutto intorno alla paura di Israele e dell’occidente che la conferenza potesse essere usata, come nell’incandescente precedente di Durban, all’apice dell’Intifada palestinese nel 2001, per denunciare lo Stato ebraico e attaccare l’occidente sul colonialismo e la tratta degli schiavi. In effetti, sebbene fosse l’unico conflitto menzionato nella dichiarazione finale di Durban, il riferimento era talmente morbido (si riconosceva il diritto palestinese all’autodeterminazione insieme al diritto di Israele alla sicurezza), che l’allora primo ministro israeliano ¬Shimon Peres lo definì “un risultato di prim’ordine per Israele”. Nel documento di Ginevra di questa settimana, Israele non è nemmeno menzionato.

Ma curiosamente gli Stati Uniti usano ancora la riaffermazione dell’innocua dichiarazione di Durban per giustificare il boicottaggio (…)

La vetrina di Ahmadinejad si è inserita direttamente in questa agenda. Le frasi più velenose nella versione stampata del suo discorso (…) definivano il genocidio compiuto dai Nazisti come “ambiguo e dubbio” e proclamavano che la “penetrazione” sionista nella società occidentale è stata cosi profonda che “che nulla può essere fatto contro il loro volere”.

Che il capo di stato di una nazione che conta quasi 70 milioni di abitanti giochi ancora a negare l’Olocausto (…) non è soltanto moralmente ripugnante e fattivamente assurdo. È anche controproducente per la causa palestinese, indebolisce il sostegno internazionale di cui l’Iran ha bisogno per evitare la minaccia di un attacco sul suo programma nucleare, e rafforza il proclama di Israele di essere vittima di una minaccia alla sua esistenza.

La retorica del discorso è stata certamente cruda e incendiaria. Ma la verità è che nel mondo arabo, islamico e in via di sviluppo l’idea che Israele sia uno Stato razzista è largamente data per scontata. (…)

Parliamo di uno Stato, dopotutto, creato dai coloni europei e costruito sulla pulizia etnica delle popolazioni indigene, i cui principi legali fondanti garantiscono il diritto di cittadinanza a qualsiasi Ebreo migrante da qualunque parte del mondo, mentre negano lo stesso diritto ai palestinesi nati lì e palestinesi da generazioni. naturalmente, Israele è molto più che questo, e il legame culturale e storico degli Ebrei con la Palestina è profondo.

Ma anche quei Palestinesi che sono cittadini israeliani devono affrontare quello che l’alllora primo minostro israeliao Ehud Olmert l’anno scorso ha definito una discriminazione “deliberata e insopportabile” da parte di uno stato che si autodefinisce in base all’etnicità .Per i palestinesi dei territori occupati, (…) dove la segregazione etnica e l’estrema diseguaglianza sono spietatamente applicate, la situazione è molto peggiore – anche indipendentemente dagli inflessibili assalti militari e dalle uccisioni. E a capo di Israele si trova ora un governo di estrema destra il cui ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, ha dichiarato che per il 90% dei cittadini arabi di Israele “non c’è spazio nel Paese” (…).

Gli Stati che hanno boicottato Ginevra, gli stessi che sono stati dietro alla carneficina di Gaza, ora negano il proprio stesso razzismo – e il loro ruolo permanente nella tragedia del Medio Oriente.

 

 

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